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Usimbardo Usimbardi

Uno tra i più illustri cittadini di Colle di Val d’Elsa

Il busto di Usimbardo Usimbardi, immagine tratta da Wikipedia

Chi era?

Usimbardo Usimbardi nacque a Colle Val d’Elsa nel 1552 e fu il primo vescovo della città quando questa divenne diocesi nel 1592. Dopo aver frequentato la scuola pubblica, Usimbardo fu chiamato a Roma dal fratello Pietro presso la curia cardinalizia di Ferdinando I de’ Medici. Nel 1587 Usimbardo tornò a Firenze insieme al fratello Pietro e a Ferdinando de’ Medici che lo nominò Segretario di Stato ottenendo la fama di uomo dotto ed un rapporto privilegiato con il principe. Quando Clemente VIII istituì, con la bolla del 5 giugno 1592,  la diocesi di Colle questa poté elevarsi prima al rango di città, poi a quello di città nobile e Usimbardo venne nominato vescovo.

Che cosa fece per Colle di Val d’Elsa?

L’ingresso di Usimbardo in Colle fu un vero trionfo. Nell’intento di rafforzare l’identità di Chiesa locale, Usimbardo pose l’intera diocesi sotto la protezione dei Santi Giovanni Battista (Santo protettore della città di Firenze), Faustino e Giovita (già titolari della pieve a Elsa) e riservò speciale attenzione al culto dei santi. Con una solenne processione trasportò poi in cattedrale le reliquie dell’abbazia benedettina di S. Maria a Coneo promuovendo una speciale devozione a San Marziale, da lui istituito come tutore della nuova dignità episcopale. Inoltre, mantenne viva la forte devozione dei colligiani per l’insigne reliquia del Sacro Chiodo conservata in una cappella della nuova Cattedrale. Morì a causa di una febbre maligna nel 1612, all’età di 60 anni, e chiese di essere sepolto presso l’altare del Santissimo Sacramento all’interno della cattedrale dove si trova ancora oggi la sua tomba.

L’opera del Palazzo Vescovile

Proprio di fronte al Duomo venne realizzato il nuovo Palazzo Vescovile. Tutto il progetto fu voluto dal Vescovo Usimbardo Usimbardi che vi impegnò un notevole patrimonio. La costruzione dell’Episcopio iniziò nei primi mesi del 1593 e si protrasse per alcuni anni. Il pittore Francesco Rosselli fu chiamato ad affrescare i nuovi locali e il palazzo, in epoca successiva, fu realizzato su due piani per volere di Cosimo della Gherardesca. Nel 1655, il vescovo Buonaccorsi, dotò il palazzo di cantine, di una rimessa, di granai, di una stalla e di una loggia. Lo stesso vescovo fece costruire il Seminario vescovile per la formazione dei nuovi chierici dalla parte opposta della piazza e successivamente lo ingrandì con un convitto per esterni che ebbe tra gli alunni Carlo Lorenzini, meglio conosciuto come il Collodi autore di Pinocchio.

Il Palazzo Vescovile di Colle di Val d’Elsa, immagine tratta da Tripadvisor

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Ricordi di un passato glorioso

Scoprire i segreti di Palazzo Luci a Colle di Val d’Elsa

Il Palazzo

Palazzo Luci sorge nel terzo di Castello, parte del nucleo originario di Colle di Val d’Elsa.

Anche se è ignoto chi sia stato l’architetto che ne ha realizzato il progetto iniziale, oggi Palazzo Luci si presenta con la sua facciata rinascimentale che ci fa immergere per un breve momento nel passato glorioso di Colle, sotto il dominio degli onnipotenti fiorentini.

Esterno di Palazzo Luci, Colle di Val d’Elsa, Siena
Immagine di Gherardus

Lo stile architettonico e la facciata

Il Palazzo in pietra e laterizio si affaccia su Via di Castello.

La facciata è di stile tardo-manierista, adornata da due balconi laterali con una magnifica balaustra in travertino. Le finestre, invece, sono impreziosite da delle eleganti cornici in bugnato liscio.

Le origini: il Medioevo a Colle

Nel Trecento l’edificio era conosciuto come Palazzo del Capitano del Popolo ed era la dimora del capo del governo cittadino. 

Durante il Medioevo il territorio in cui sorgerà quello che oggi conosciamo come Palazzo Luci, era suddiviso in varie aree che vennero via via acquistate dal Comune di Colle.

Secondo quanto riportato da documenti d’archivio, la prima parte di quello che sarebbe diventato il primo nucleo di Palazzo Luci venne acquistata dal Comune di Colle nel 1309: si trattava della “Torre di Panfollia”, una costruzione sorta nelle vicinanze del duecentesco muro del Castello, e di alcuni spazi annessi situati verso il ponte.

Poco dopo lo stesso Comune decise di ampliare i suoi possedimenti intorno alla Torre di Panfollia e di iniziare finalmente i lavori del per la dimora del capo del governo della città.

In pochi anni l’edificio era pronto e dopo aver completato l’acquisizione dell’area, il complesso architettonico divenne ufficialmente il Palazzo del Capitano del Popolo.

Oltre ad una parte riservata ai dodici governatori e difensori che amministravano il Comune e alle assemblee del Consiglio del Capitano, convocato dalla campana collocata sulla Torre del Popolo (quella che prima era conosciuta come Torre di Panfollia), lo stabile comprendeva:

  • “una loggia in cui si rendeva la giustizia”
  • un chiostro
  • un pozzo
  • carceri femminili e maschili, sotto la grande terrazza, tra via delle Volte e Via delle Romite.

Sempre durante il Trecento la struttura venne fortificata, divenendo un cassero, in seguito al rinnovo dei patti di custodia con i fiorentini. L’edificio divenne così la sede del castellano fiorentino e dei suoi armigeri, mentre le carceri e gli organi di governo vennero spostati altrove.

Un nuovo volto per il Palazzo: la famiglia Luci

Le ricchezze accumulate dalle famiglie nobili locali che avevano iniziato a ricoprire ruoli eminenti in ambito mediceo furono la spinta necessaria per un rinnovamento edilizio delle costruzioni del borgo, secondo uno stile più vicino a quello dei palazzi fiorentini della famiglia Medici, da cui il Palazzo del Capitano del Popolo non fu escluso.

In quel momento si decise di dare un nuovo aspetto al Palazzo, che assunse i caratteri dell’architettura tardo rinascimentale di stampo manierista.

Si ritiene che sia stato in particolare il volere del funzionario granducale Emilio Luci, che era stato anche auditore di Piero de’ Medici e dello Stato di Siena, a volere un cambiamento nell’aspetto del Palazzo.

La famiglia Luci, come i Bardi, i Bertini e i Ricci, era originaria del territorio circostante Colle di Val d’Elsa.

I Luci, insieme agli Usimbardi, ai Campana e ai Giusti, divennero parte integrante della vita cittadina colligiana, vantando diverse proprietà nei territori adiacenti al centro abitato.

Alla fine del XVI secolo Palazzo Luci venne dotato di un nuovo prospetto e di una nuova distribuzione interna, sfruttando la struttura medievale preesistente e modernizzandone la facciata con balconi in travertino e un portale in arenaria.

Molto probabilmente dal giardino interno è stata asportata la fonte di Coveri (o di Ricovero), poi ricostruita nella parete esterna del palazzo. L’opera era stata commissionata da Piero Canigiani, come viene ricordato dallo stemma in pietra e dall’iscrizione incisa su di essa.

Colle si stava lentamente preparando per ottenere la dignità di sede vescovile.

Il Palazzo in epoca moderna

Nel XIX secolo il palazzo divenne proprietà della famiglia Salvetti, di cui faceva parte Antonio Salvetti, noto pittore macchiaiolo, architetto e anche il primo sindaco socialista di Colle, che viene ricordato nell’epigrafe apposta sulla facciata. Per questo motivo a partire dall’Ottocento il Palazzo è anche noto come “Palazzo Salvetti”.

Tra storia e tradizione

Secondo la tradizione in Via delle Volte, proprio dietro a Palazzo Luci, venne uccisa  per mano di un sicario senese Sapìa Salvani, il personaggio che Dante incontra nel XIII canto del Purgatorio. La storia che Sapìa racconta a Dante trasmette tutto il suo fervore per la patria e la sua decisa presa di posizione durante la Battaglia di Colle tra le armate senesi e fiorentine, da cui queste ultime uscirono vincitrici, con disappunto di Sapìa, che poco dopo trovò la morte a causa del suo coraggio.

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