A TU PER TU CON UN POETA
Incontro in videoconferenza con Daniele Mencarelli, vincitore del Premio Strega giovani
“Ma il peso di questa guardia
che tengo alta dalla nascita,
di questo posto di vedetta
da dove osservo e vigilo,
mi pesa come un mondo sulla schiena.”
Questi versi, scritti dal poeta Daniele Mencarelli, raccontano la storia di molti di noi.
Quante volte ci capita di sentirci appesantiti dal dolore, dalle perdite, dalle ferite altrui? Quante volte ci sembra che le lacrime versate da un nostro amico siano più amare delle nostre? E quante volte ci trinceriamo dietro finti sorrisi, lasciando poi che la sofferenza, come un burattinaio, ci muova completamente e inesorabilmente?
Questi sentimenti, così belli e pericolosi al contempo, sono forza e debolezza. Sono gli stessi che hanno abitato, e abitano forse tuttora, nel cuore e nell’animo di Mencarelli.
Questo poeta ha avuto un passato molto turbolento, segnato da dipendenze da alcool e droga, dovute al bisogno di rifugiarsi nella dimenticanza. Ha vinto la lotta contro di esse quando ha deciso di raccontare il dolore che ha visto e vissuto e la salvezza che alla fine ha abbracciato le persone a lui care e lui stesso. Ha vinto la sua battaglia, insomma, ancora una volta, per mezzo della scrittura.
Dopo aver letto uno dei suoi romanzi autobiografici, La casa degli sguardi o Tutto chiede salvezza (romanzo, quest’ultimo, che gli è valso il riconoscimento del Premio Strega giovani), la nostra ed altre classi del nostro istituto, il 02 marzo, hanno avuto l’occasione di prendere parte ad una videoconferenza con lui.
Durante l’incontro Mencarelli ha preferito lasciare spazio alle nostre domande, perché, come ha detto lui, “i monologhi saranno sempre peggiori dei dialoghi”.
Il suo modo di esprimersi ha rapito tutti noi; fresco, diretto e sincero, ci è arrivato dritto al cuore. La sua modestia, la sua calma nel raccontarsi, nel riesaminare le sue ferite ci hanno colpito moltissimo.
Dalle domande sono emersi argomenti profondamente interessanti, come l’accettazione di noi stessi e delle nostre fragilità, la trasparenza, lo sfogo produttivo del dolore.
Parlando con Mencarelli, siamo riusciti a dare nome, forma e colore a tanti pensieri e sentimenti che ci balenano spesso in testa e che non sappiamo identificare. Queste sensazioni ci lavorano il petto, in silenzio, lontano dalla luce del sole. S’annidano dentro ognuno di noi e, puntualmente, le soffochiamo con un sorriso, percependole quasi come un difetto.
Quando Mencarelli smette di bere, realizza che c’era qualcosa di più dietro i suoi soliti bicchieri di vino bianco: una malsana routine, che lo vedeva prima forte, deciso e spensierato e poi disarmato, fragile, e quindi, forse, più onesto.
Ciò che più colpisce di questo racconto è l’insegnamento che si cela al di là di esso: la ricerca di un equilibrio e di una giusta via per sfogare i dolori che talvolta la sensibilità ci infligge.
Ci ha confortato soprattutto la scoperta che gli interrogativi, che ci portiamo dentro e che spesso avvertiamo con terrore come qualcosa da cui fuggire o da anestetizzare attraverso la distrazione, possono diventare una forza e una risorsa, se impariamo a guardare anche al nostro dolore con le armi tipicamente umane del dialogo con gli altri, dell’arte e della letteratura.
L’incontro è finito troppo in fretta, tra saluti e ringraziamenti.
Ci piace pensare, tuttavia, che le verità acquisite grazie al dialogo con Mencarelli siano ora radicate nei nostri cuori, e che quindi continuino a vivere in noi giorno dopo giorno.
Betti Bianca
Martini Sara
Morot Luna
della classe II^BL